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L'accademia vicentina che insegna l'efficienza

di Eleonora Vallin

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8 Gennaio 2010

Sono già alcuni anni che il Nordest ha deciso di scommettere sulla Lean production per migliorare l'efficienza delle aziende all'insegna della flessibilità, della personalizzazione del prodotto, ottimizzando il sistema-impresa e la sua catena di valore.

Le radici affondano nel 2006 e, al tempo, fu Vicenza a segnare la strada, grazie alla lungimiranza della sezione Meccanica dell'associazione confindustriale berica. Nacque così, all'interno del Cuoa di Altavilla Vicentina, il primo centro italiano per trasferire il principio della Lean production - l'approccio organizzativo e occidentale basato sulla generalizzazione del Toyota production system - alle realtà imprenditoriali del territorio. Una comunità che, partita con 15 associate «pioniere e illuminate», raduna oggi una cinquantina di aziende, tra cui compaiono big come Campagnolo, Marangoni, Fiamm, Irsap, Electrolux, solo per citarne alcuni.

I miglioramenti delle associate, dopo aver intrapreso la trasformazione, sono tutti misurabili: riduzione del 40-50% dello spazio occupato, meno 50% il tempo ridotto, +30% l'aumento di produttività, +50% fatturato per dipendente e -70% la diminuzione delle non conformità in produzione.

La filosofia Lean permette infatti, stando all'ultimo rapporto del Cuoa, un margine di competitività di almeno il 20-30% rispetto la media delle aziende dello stesso settore. E in uno scenario economico come quello attuale, queste imprese stanno affrontando la crisi con minore impatto, rispetto alle concorrenti: non licenziando, quando altre lo fanno, o ricorrendo agli ammortizzatori sociali in misura inferiore.

Bastino due esempi: le aziende metalmeccaniche del Centro, analizzate in quest'ultimo periodo, sottolinea l'analisi, «hanno ridotto il tempo di risposta al mercato dell'85%, aumentato la produttività del 38% (fino a un massimo del 42% in alcuni casi), aumentato la rotazione delle scorte del 120%». «In termini di produzione - continua il rapporto – queste aziende hanno diminuito gli scarti del 10,5% e ridotto il time to market (tempo che intercorre dall'ideazione di un prodotto alla sua effettiva commercializzazione, ndr) del 78%, passando da 9 a 2 mesi. Nel settore dell'elettronica la riduzione dei tempi è stata invece del 40%, l'aumento di produzione del 20% con una puntualità nelle consegne che oggi sfiora il 96 per cento». «Diverse sono le motivazioni – spiega il referente scientifico Arnaldo Camuffo - le aziende che adottano questa filosofia organizzativa, ma anche gestionale e manageriale, sono più elastiche e riescono ad adeguare i volumi produttivi in tempi rapidi. Il non avere scorte in magazzino e ottimi rapporti con i fornitori, poi, permette assetti finanziari non complessi, capitale circolante più leggero e scarso o nessun indebitamento. Infine il personale è più flessibile grazie al patto organizzativo e ad un diverso rapporto con i sindacati che permette di gestire al meglio turni, carichi e orari».

Il Cuoa Lean enterprise Center è oggi l'unico centro italiano – ne esistono 15 in tutto il mondo – affiliato al Lean Global network del giapponese James P. Womack, autore del bestseller «La macchina che ha cambiato il mondo», che propone programmi di formazione, organizza workshop di approfondimento e sensibilizzazione e attività di ricerca per la declinazione del Lean pensiero. All'interno esistono corsi base ed avanzati, a moduli brevi, da confezionare secondo le esigenze e il tipo d'azienda. C'è poi un master per creare «i facilitatori» ovvero gli attivatori della filosofia Lean in azienda (20 iscritti all'anno per la durata di circa 12 mesi) e la possibilità di viaggi studio all'estero, Giappone in primis, per «andare alla fonte» e fare esperienze di «ibridazione culturale».

«Il nostro successo - afferma Mario Pietro Nardi, presidente del Club nato all'interno della scuola, sulla spinta di un gruppo iniziale di aziende motivate alla creazione di un centro di eccellenza sulle tecniche e cultura Lean - è da imputare a un modello che integra mondo accademico, dell'impresa e della consulenza. Questa esperienza dimostra la voglia di fare network e di confrontarsi su temi operativi, mettendoli in pratica».

«Il Tps ha regole e principi, ma non ha un manuale – ricorda Camuffo - per questo c'è bisogno di formazione e di sinergie. L'essere iscritti al Centro aiuta, perché permette lo scambio di buone pratiche. Ma bisogna fare attenzione ai fuochi di carta: i primi risultati, una volta applicati i principi, si vedono già dopo sei mesi. La vera chiave di volta è sostenerli e continuare nel tempo coinvolgendo tutti a ogni livello».

8 Gennaio 2010
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